La storia si ripete, o quasi. Quanto visto nelle ultime battute del Gran Premio d’Italia ha suscitato non poche discussioni e dubbi. Dubbi su una gestione gara da parte della Federazione Internazionale che ancora una volta espone le sue lacune agli occhi di tutti. Michael Masi ride in un angolino, mentre centotrentamila spettatori lasciano l’Autodromo Internazionale di Monza con l’amaro in bocca.
Trama di un misfatto
Il motore Mercedes della McLaren di Daniel Ricciardo tira un ultimo respiro prima di spegnersi tra le due di Lesmo. Da lì, un errore della FIA innesca un effetto domino. Il giro è il numero quarantasette, e viene facile pensare che rimuovere una monoposto ferma richiederebbe meno dei sei giri mancanti, ma non è così. I direttori di gara chiamano la Safety Car, e se ci si è abituati ad una gestione chirurgica dell’ingresso e dell’uscita della vettura di sicurezza, dopo Monza viene da ricredersi. La vettura targata Aston Martin entra in pista davanti al pilota sbagliato: Russell, perché il duo Verstappen-Leclerc è transitato poco prima. un treno perso che dà il via ad una lunga attesa prima che il tandem dei due rivali riesca a riprendere, rincorrendo la Safety Car che nel frattempo macinava chilometri, il pacchetto di testa.
L’inseguimento dell’imprendibile Verstappen e dell’idolo di casa Charles Leclerc causa l’ingresso ritardato della gru adibita alla rimozione della vettura di Ricciardo. Ingresso obbligato dal fatto che in nessun modo i Marshal volontari sono riusciti a mettere la folle sulla macchina papaya, di fatto escludendo la possibilità di una rimozione ‘a mano’. Da qui, i giri sono passati e la conclusione del gran premio dietro la vettura di servizio è inevitabile. Una beffa per il pubblico all’Autodromo e davanti al televisore.
Cosa cambia con la Safety Car di Abu Dhabi?
In entrambi i casi l’ingresso della Safety Car è e sarebbe stato un bene per l’inseguitore del leader. Se però ad Abu Dhabi Max Verstappen ha avuto la possibilità, riuscendoci, di sopravanzare il primo, a Monza la fortuna di Leclerc non si è concretizzata. La differenza sostanziale sta nel fatto che negli Emirati l’errore sta a valle, con una gestione dei doppiaggi che sembra figlia della volontà di creare spettacolo; mentre a Monza la prima tessera che scatena l’effetto domino sta a monte, con un errore che ha l’apparenza di essere una valutazione goffa della situazione. Entrambi gravi e inammissibili in una classe che si autoproclama ‘il pinnacolo del motorsport’. Se Monza fosse stato l’appuntamento decisivo del mondiale, probabilmente, il misfatto non avrebbe fatto meno rumore di quanto accaduto ad Abu Dhabi.
Basta il tempo per rifinire le imperfezioni?
Al termine del Gran Premio non sono mancate le parole pungenti del team principale della Ferrari Mattia Binotto nei confronti della Federazione, la quale si è difesa con un’arringa discutibile. La FIA non ha infranto le regole, ma l’esecuzione delle procedure non è stata degna della Formula 1. I direttori di gara sono ‘giovani’, arrivati quest’anno per sostituire Michael Masi, ma è evidente che i capricci di gestione non siano mancati dall’inizio del campionato. L’organigramma di gestione gara ha bisogno di tempo e di fare pratica con le situazioni ambigue, certamente, ma è anche vero che sia quantomeno auspicabile aspettarsi una gestione da manuale di situazioni chiare e di lettura oggettiva. Siamo ancora all’inizio di un ciclo, ma gli uomini della Federazione devono essere consapevoli che il margine di errore è ristretto e andrà restringendosi, ed episodi come questo, dove si oltrepassa il limite dell’accettabilità, saranno sempre meno tollerati.