Abbiamo assistito a un inizio di stagione caratterizzato dal palese dominio Red Bull. Le polemiche sono iniziate prima, con la finta presentazione a New York della RB-19 lo scorso 7 febbraio, che però sapeva moltissimo della RB-18. Uno spettacolo, insomma. A Gedda le loro prestazioni hanno fatto passare in secondo piano le prestazioni delle altre squadre, eccezion fatta per Alonso, e con la sua AM-23 F1. Solo per lui, però. Si tratta dunque di tre uomini e due auto… Per non parlar del marketing!
Dominio RedBull e marketing a scapito dello spettacolo
C’era una volta una Ferrari che vinceva. Che stravinceva. C’era una volta una Mercedes che ha fatto lo stesso, seguita poi da Red Bull, vista la sua ascesa negli ultimi anni. Una Red Bull che sicuramente ha dato spettacolo nel 2021, vincendo il mondiale all’ultimo giro (letteralmente!). Ma molti sospettano una tale forza nel dominio Red Bull di quest’anno, che il titolo iridato possa decidersi già a Singapore. Insomma, per queste persone il rischio di annoiarsi guardando il campionato di F1 2023 è – pressoché – garantito.
E poi c’è il marketing ad alimentare la discordia e a far passare la voglia ad alcuni di vedere determinati gran premi. Clamoroso è l’esempio dei biglietti di Las Vegas: quanto costa accedere al paddock di questa famosa città del Nevada? Decine di migliaia di dollari? No, molto di più. Un milione. Un milione che è un insulto alle condizioni di vita di molte persone. E un po’ anche agli stessi progetti positivi che la Formula 1 potrebbe sostenere per il mondo, come dalle grandi aziende ci si aspetta, ormai. O meglio, da Liberty Media Corporation, più nota come Liberty Media, la società di John C. Malone che ha acquistato la Formula 1 il 7 settembre 2016 per un’imprecisata cifra. Cifra che parrebbe attestarsi sui 6-8 miliardi di dollari.
F1, il marketing di Liberty Media
Da quando a capo delle gare di F1 c’è Liberty Media, il giro di soldi è, infatti, innegabilmente aumentato vertiginosamente. E con questo anche lo spettacolo, grazie alle operazioni di marketing della nuova società titolare. Il primo esempio che potrebbe venire in mente è la celeberrima serie Netflix Drive to Survive, tanto acclamata, quanto criticata. È invisa a molti in quanto essa sembra mettere in luce rivalità se non esistenti, quanto meno trascurabili. Oltre a dare ancora più visibilità a situazioni che una volta finivano con una votazione fra piloti a porte chiuse. O a cazzotti fra piloti. Cosa che non giustifichiamo – certamente – ma che finiva lì e magari non era neanche (ben) ripresa dalle telecamere.
Parlando di spettacolo, possiamo nominare anche la sprint qualifying che viene chiamata anche sprint race. La denominazione per ora è, almeno in parte, errata in quanto la sprint qualifying consiste nelle qualifiche che ad oggi vengono svolte il sabato di sei week end di gara in modalità corsa, di mezz’ora. È corretto, in parte, chiamarla così appunto per la modalità di gara (mini), e perché potrebbe potenzialmente evolvere in una sorta di gara 1. Ciò trasformerebbe, di fatto, la storica gara della domenica della F1 in gara 2, come la F2. In molti sono contrari, come il quattro volte campione del mondo Alain Prost che, intervistato al riguardo nel 2021 disse: “Questa non è la Formula 1”.
Ora LA f1 sembra essere diventata uno show, che per ora ha fatto incrementare le entrate di Liberty Media del 20% nel 2022 rispetto all’anno precedente. Ora, questo dato può sembrare contradditorio visto il gran numero di scandali che spesso Liberty Media suscita ultimamente, infatti la domanda è: queste strategie di marketing funzioneranno nel lungo termine?