Occhi neri e sapor mediorientale. Nulla di più specifico per descrivere un week-end in Arabia, stravolto da ciò che è accaduto in pista e fuori. Tre giorni che ci hanno fatto riflettere, impaurire e divertire, e che si chiudono con una considerazione condivisa a pieni voti: Jeddah è una pista che regala spettacolo, ma a queste condizioni correre è impossibile.
Il VENERDÍ NERO
Già durante i turni di libere, si era respirata aria non propriamente tranquilla. L’attacco, da parte di un gruppo terroristico yemenita, ad un impianto petrolifero, non era di certo l’alba perfetta per il ritorno alle corse. Un episodio che ha portato ad un domino di polemiche, che nemmeno andiamo a snocciolare, ma che hanno lasciato tutti con una certa sensazione di incoerenza. Come è possibile correre in un paese che fa esplodere bombe a 20 km dal circuito? I due pesi, due misure, adottati tra Arabia e Russia, non ha messo certamente la FIA in buona luce. E se anche è giusto considerare due discorsi completamente differenti, non è possibile mettere i piloti in condizioni di pericolo.
IL SABATO DEL VILLAGGIO
Se nella celebre poesia di Leopardi si cita l’allegria del villaggio nell’attesa della domenica di festa, stesso discorso potremmo fare per l’attesa sì, ma interminabile, degli appassionati per l’arrivo della gara di domenica. Un’attesa eterna, condita abbondantemente da un turno di qualifiche che ha evidenziato tutti i problemi di un tracciato spettacolare, ma che si trasforma in una vera e propria trappola. Due bandiere rosse, comprensibili viste le sole due vie di fuga, e un incidente che ci ha lasciati per attimi eterni col fiato sospeso.
E capiamoci, se Mick è uscito illeso dalla sua monoposto, è solo grazie ad un lavoro eccelso da parte di chi ha alzato il livello di sicurezza in Formula 1. Non certo grazie ad una pista che a quelle velocità, e con muretti a pochi metri, rischia solo di diventare una roulette. Ancora una volta tanto spettacolo, ma condizioni di guida completamente inadeguate. Se poi ci aggiungiamo che per risolvere i problemi entrano in pista degli addetti sui quad o un camion che perde olio, beh… non ci siamo.
DOMENICA DA COMA
Per i deboli di cuore questa Formula 1 è assolutamente sconsigliata. La gara è un susseguirsi di sorpassi, controsorpassi e colpi di scena. Il circuito ci mette il suo, piazzando a muro chi commette anche il più piccolo errore. I team fanno il proprio, con ancora tanti problemi di affidabilità. Alla fine arrivano in 13. A mettere la ciliegina sulla torta ci pensano i soliti diavoli Leclerc e Verstappen, che se le danno di santa ragione in pista, chiarendo sempre più, che sarà un mondiale sul filo. Passi la gestione delle Virtual SC, completamente errate, la gara è uno spettacolo e sottolinea il fascino di questa nuova era di monoposto. Ingredienti che sono un toccasana per chi vuole tornare ad amare questo sport, ma che se davvero ha intenzione avvicinare il pubblico giovane, necessita di coerenza, assenza di ipocrisia e garanzie per i piloti. Lo spettacolo che può regalare Jeddah è indiscutibile, ma i rischi sono evidenti e vanno arginati. Perchè è vero, come dicono in molti che “Motorsport is dangerous!”, ma tra pericolosità e stupidità c’è un abisso. E continuare a non far nulla per garantire sicurezza, permettetecelo, appartiene decisamente di più alla seconda categoria.