Il caos che si è scatenato dopo il comunicato delle dimissioni di Binotto regna sovrano sul pianeta Formula 1. A passarsela non meglio sono i vertici di Maranello, ad oggi senza un team principal, ma con l’obiettivo di tornare a vincere al più presto, una dissonanza non da poco. Meno di cento giorni ci separano dall’inizio della stagione 2023, e la rossa naviga a vista.
Era Binotto: un periodo di pochi alti e tanti bassi
L’operato di Mattia Binotto in questi quattro anni non ha entusiasmato. Arrivato al vertice della squadra sostituendo Maurizio Arrivabene, l’italo-svizzero ha condotto per più di metà stagione un team con una monoposto capace di qualche successo di tappa. Tuttavia, a fronte di indagini della Federazione che hanno definito il motore della SF90 ai limiti della legalità, il TP ha strappato un accordo segreto che ha costretto la scuderia a due dei suoi peggiori anni dell’era moderna.
Dopo l’evento identificabile come l’ennesimo sintomo del sempre più dubbio peso politico della rossa, a Maranello ci si è messi al lavoro con largo anticipo rispetto ai concorrenti al fine di iniziare la nuova era regolamentare col piede giusto. La F1-75, soprannominata ‘la bestia’, è stata la macchina di riferimento per quasi metà stagione, per poi passare a terza forza verso la fine del campionato. Il sorpasso da parte di chi ha combattuto fino all’ultima gara del 2021 è stato il dito nella piaga in una stagione già di per sé in salita.
Giusto o sbagliato: ecco perché e presto per dirlo
Quella corrente è la classica situazione di spaccatura tra le opinioni degli appassionati: c’è chi pensa che l’uscita di scena di Binotto sia doverosa, e chi crede che dare continuità al progetto fosse la via della salvezza. La realtà è più complessa. Ciò che serve ora è il tempo, unico vero giudice delle decisioni dei vertici. Se però ci si vuole sbilanciare nel dare un’etichetta all’uscita di Binotto, bisogna prima considerare le prospettive, e la sua incoronazione avvenuta quattro anni fa…
La dirigenza della rossa, forse, ha scelto un momento poco opportuno per accettare le dimissioni del team principal, ma perché? I motivi sono principalmente due. Il primo: Mattia Binotto è tutt’ora a capo del progetto della monoposto 2023, e l’entrata di un sostituto poco prima dell’inizio della stagione sarebbe destabilizzante. Il nuovo arrivato si ritroverebbe tra le mani un progetto realizzato sotto la supervisione di un estraneo, con l’impegno ulteriore di dover adattarsi a meccaniche del tutto nuove in brevissimo tempo. Il secondo: Ferrari ha interrotto i rapporti, di fatto, senza avere un nome per sostituire Binotto, anzi due. Si, perché alla scuderia non solo servirà un nuovo team principal, ma anche un nuovo direttore tecnico – in quanto Binotto impersonava entrambe le figure – , e i nomi sul mercato sono pochi e di una qualità che non soddisfa.
Binotto meritava un’ultima chance?
Mattia Binotto, probabilmente non era il leader più adatto di tutti, insomma, i suoi errori li ha fatti, come la dubbia gestione dei piloti, l’incapacità di delegare le responsabilità, e lo scarso peso politico – vedi la vicenda della direttiva che ha affossato la F1-75 – . Tuttavia, il progetto iniziato nel gennaio del 2021 era quasi raggiunto a maturazione. In una situazione così delicata con gli avversari ormai dello stesso livello, se non migliore, dare un’ultima chance alla gestione Binotto di giocarsi il titolo nelle migliori condizioni non era un’idea così folle. In caso di debacle, poi, si sarebbe magari provveduto alla sostituzione, ma terminare i rapporti con un anno di anticipo rispetto alle promesse fatte, è come dare per scontata una sconfitta.
L’errore potrebbe essere a monte
Poco fa abbiamo citato l’incoronazione di Binotto. Ecco, forse, è proprio lì che la dirigenza della rossa ha qualcosa da recriminarsi. L’ascesa dell’ingegnere fino al ruolo di capo squadra non è certo stata la miglior trovata di Maranello. Gli insuccessi non sono mancati, e ciò ha portato Ferrari a dover prendere una decisione nel momento più delicato. La sostituzione di Binotto, guardando a ciò che la storia insegna, non porterà successi nel breve termine, e con ciò si scorgono due rischi imminenti: il primo riguarda il possibile allungo da parte di un eventuale top team desideroso di accaparrarsi lo stock di preziose informazioni in mano a Binotto; il secondo, invece, riguarda la possibilità di perdere la punta di diamante dell’attuale cavallino, il numero 16.
La rossa potrebbe perdere Leclerc?
Non è impossibile, anzi. Con un contratto in scadenza nel 2024, se Ferrari continuerà ad arrancare, sarebbe comprensibile se il monegasco considerasse l’approdo in altri lidi per puntare a vincere il titolo. Al momento, ne Mercedes ne Red Bull sono nelle condizioni di accogliere il principino a braccia aperte, ma in Formula 1 si sa, basta il battito delle ali di una farfalla perché si crei l’uragano. Ferrari si è trovata a dover decidere tra Binotto e Leclerc, e non è da escludere che si troverà a perdere entrambi se l’ennesima sostituzione del capo squadra non darà i suoi frutti.
Manca il sostituto, Ferrari è in alto mare
La prima cosa di cui assicurarsi quando si sostituisce una figura in squadra, specie se importante, è l’inserimento di un sostituto quantomeno allo stesso livello. Al momento la scuderia vede nel team principal dell’Alfa Romeo Frederic Vasseur il candidato numero uno, ma basterà? La rossa sta prendendo tempo, e ciò ci manda un segnale: Vasseur potrebbe non soddisfare a pieno la dirigenza, e l’assenza di un facsimile di Wolff e Horner sul mercato rallenta le ricerche del candidato ideale.
A farne le spese è la squadra, in balia del destino, nonostante sia tutto già pronto per l’anno a venire. Il cambiamento dei metodi di lavoro e la sostituzione di altre figure importanti potrebbero presentare un conto piuttosto salato nel breve e medio termine. La dirigenza ha tra le mani una patata bollente, e non sarà facile, in questa stringente situazione, porre le basi per ottenere un risultato migliore del secondo posto di quest’anno, visto che questo pare l’intento del presidente Elkann.