Uno dei fils rouges che collegano la vecchia Formula 1 da quella moderna è anche questo. Da sempre le squadre in difficoltà trovano sollievo dall’innesto di nuove figure, idee, visioni. E oggi come allora, la campagna acquisti obbligata per risalire la china è difficile quanto determinante. L’ha dimostrato Aston Martin, che grazie a tecnici vincenti sta mettendo le fondamenta per quella che sembra essere sempre di più la genesi di un top team. E ci sta provando anche Ferrari, seguendo la filosofia della verdona, per tentare un rilancio che parte prima di tutto dalla scienza dei bulloni.
Aston Martin ha fatto scuola in silenzio
Il colpo di mercato con cui Aston Martin si è intascata l’ex Red Bull Dan Fallows ha segnato la svolta per il team inglese. Il tecnico britannico ha iniziato a lavorare nella sede di Silverstone il 2 aprile 2022, ed esattamente un anno dopo, la squadra piazzava Fernando Alonso sul podio del gran premio di Australia. La musica è cambiata dal 2022, quando Aston non è stata in grado di portare a casa più di un settimo posto nella classifica costruttori. Il successo, ovviamente, non è merito solo di un uomo.
Gli ingaggi della squadra di Lawrence Stroll iniziano da lontano. Già nel 2021, quando Red Bull sanciva la fine dell’era Mercedes nell’isola artificiale di Yas, Aston Martin, senza dare troppo nell’occhio, portava dalla sua parte ben sette ingegneri del toro alato. Il concetto è cristallino: se si pesca da squadre vincenti si diventa inevitabilmente più forti, tanto ovvio quanto difficile. Infatti, qualcuno potrebbe avere più di un problema nel farlo, e quel qualcuno si chiama Ferrari.
Ferrari: una campagna acquisti non priva di ostacoli
La rossa, nonostante gli ultimi deludenti risultati, sta dando dimostrazione che c’è voglia di tornare al successo. A differenza dell’era Binotto, infatti, l’approccio di Vasseur punta a seguire il filone tracciato da Aston. Se con la vecchia linea si faticava mettere il naso nei confini di Sua Maestà, con il nuovo numero 1 di Maranello c’è più insistenza nel tentare di persuadere menti inglesi e non ad approdare nel Bel Paese.
La SF-23 è nata in una fase di transizione, e le performance lo testimoniano. L’uscita di scena di uomini come Sanchez, atterrato in McLaren, non ha reso la genesi della nuova rossa un evento felice. La direzione tecnica è dubbia e, da fuori, pare non avere le idee innovative a cui ci abitua gran premio dopo gran premio chi sta di là dalla Manica. Il problema principale è che portare in Emilia nuove figure, ad oggi, è più difficile che in passato.
Il budget cap frena offerte che ingolosirebbero chiunque, e il prestigio del cavallino non sembra più pregno di quell’appeal che ha fatto grande la rossa di inizio millennio. Ultimo ma non per importanza, il fattore geografico. Vasseur & Co. sono costretti a fare i salti mortali per convincere tecnici con famiglia a cambiar vita, e le conquiste fatte fin qui non paiono dei colpi da prima pagina.
McLaren vs Ferrari: la papaya trova un direttore tecnico prima della rossa
La ricerca di un direttore tecnico che vada a sostituire Enrico Cardile sembra uno degli obiettivi principali di Ferrari. È fresca la contrattazione tra la rossa e Milton Keynes riguardante la vicenda Mekies, dove la contropartita del rilascio del francese sarebbe Pierre Waché – direttore tecnico di Red Bull –. L’arrivo di Waché pare però improbabile, segno che la rossa fatica a cavare il ragno da buco, nonostante la macchina del 2024 sia già qualcosa di più di una bozza.
Chi invece ha già trovato un direttore tecnico è McLaren. La squadra di Woking ha conquistato Rob Marshall, ex Chief Engineering Officer di Red Bull. Che sia stata più sveglia o fortunata – vista la vicinanza tra le due sedi –, poco importa. Ciò che conta è il fatto di aver portato in casa propria know-how più che prezioso, qualcosa che Ferrari sta provando a fare con evidenti difficoltà, e col tempo che stringe.