Non è la prima volta che in Austria si assiste ad una pioggia di segnalazioni riguardo infrazioni dei track limits. Quanto successo domenica a Spielberg, però, è davvero troppo. La FIA ha rispettato pedissequamente le procedure, ma quando per farlo si scende nel ridicolo, ad essere fallace non è il controllo, ma la norma stessa. Serve un cambiamento imminente.
FIA e il controllo a tre zeri
1200. Questo è il numero di infrazioni che la Federazione sì è ritrovata a dover controllare dopo la conclusione del gran premio di Austria. L’allerta, o meglio, il ricorso è arrivato da Aston Martin, la quale non ci ha pensato due volte a far notare alla direzione gara che non tutti i piloti che non hanno rispettato i track limits sono stati penalizzati. La squadra inglese ha agito furbamente, facendo avanzare Alonso in quinta posizione a discapito di Sainz, padrone di una prestazione molto solida che testimonia il ritrovamento di una Ferrari smarrita.
Ciò che ha fatto scalpore però, è la mole di video che il collegio dei commissari si è trovato a dover analizzare dopo che tutti i piloti hanno tagliato il traguardo. 1200 infrazioni da dover visionare frame dopo frame, con la consapevolezza – o stress – di non poter sbagliare per evitare ulteriori ricorsi. Una disamina che, ovviamente, ha richiesto ore, cinque per la precisione. Non è ammissibile che appassionati, spettatori di tutti i tipi, addetti ai lavori e piloti debbano attendere tanto tempo prima di poter conoscere il risultato di una gara. Chi si autoproclama “pinnacolo del motorsport” dovrebbe forse evitare certe figure, oppure non millantare nomee che ad oggi non merita.
Perché un processo così lungo?
A fare le spese delle uscite di pista sono stati otto piloti. Le retrocessioni hanno coinvolto Sainz, Hamilton e Gasly. Ma perché ci vuole tanto tempo per valutare il tutto? La risposta sta nell’architettura del processo. Il primo step è la segnalazione dei sensori, la quale passa per le mani del direttore di gara, che delega ai commissari la revisione. Tre step che sarebbero in grado di affaticare anche il più rodato degli ingranaggi. L’impossibilità di utilizzare sensori che autonomamente certifichino la violazione rende obbligato il controllo manuale, ed è proprio qui la falla.
Creare un’odissea di check prima di dare il giudizio finale in pieno stile NASA non è praticabile. Ma ammettiamo che, e probabilmente è così, per forza di cose non si possa snellire il processo. A tal punto viene da chiedersi se il modo migliore di tenere 20 piloti entro i limiti tramite una linea bianca che si approccia a 250 km/h (duecentocinquanta) sia la migliore delle idee. Probabilmente no. Il Red Bull ring ha un contratto fino al 2030, e farà meglio a sbrigarsi a trovare una soluzione per adattare il tracciato a certi “standard di decenza”.
Concorso di colpa: non c’è solo FIA di mezzo
Il tracciato è quello che è, e la FIA non ne è proprietaria. L’unica cosa che può fare riguardo le piste è certificarne la regolarità secondo standard rigidissimi – più soft per tracciati recenti, non si sa bene il perché – , e sollecitare modifiche strutturali per rendere ogni weekend più facile per tutti quanti. E questo è proprio quello che ha fatto. Dopo la gara del 2022, infatti, la Federazione ha sollecitato gli organizzatori, di cui fa parte Red Bull (come deducibile dal nome del circuito), a modificare le vie di fuga di curva 9 e 10. In particolare, con l’aggiunta della ghiaia.
Che soluzione adottare in sostituzione ai track limits?
Ora, al Ring non corrono solo auto, la questione più spinosa riguarda infatti le moto. L’alternativa di mettere una striscia di ghiaia per le auto sarebbe potenzialmente catastrofica per le due ruote, in quanto il passaggio da strati di consistenza diversa è spesso causa di ribaltamenti. Non sarebbe invece sostenibile in termini di costi l’opzione di alternare ghiaia e asfalto a seconda della categoria motoristica di turno.
Insomma, la scelta sembra essere o bianca o nera, e l’alternativa di una via di fuga di ghiaia non pare folle. Bisogna considerare infatti che la velocità di percorrenza delle due ruote a serbatoio scarico è di circa 130/140 km/h, dunque non sarebbe da dissennati apporre la cara e vecchia ghiaia, che per giunta rallenta di più dell’asfalto. Non resta che attendere e vedere se organizzazione e direzione troveranno una soluzione prima del 28 giugno 2024, quando la F1 tornerà a rombare tra le vette austriache.
FONTE: formulapassion; corriere dello sport