Non capita tutti i giorni di poter parlare con uno dei giornalisti più accreditati nel panorama motoristico italiano. Parlare con Mario Donnini è come leggere la sua rubrica Bastian Contrario su Autosprint: è semplice, genuino, ti fa sentire a tuo agio e ti sembra di avere davanti un amico che conosci da sempre. Prima di leggere l’intervista, è giusto inquadrare il personaggio per poi godere a pieno del nostro dialogo.
Mario Donnini nasce a Gualdo Tadino, in provincia di Perugia, il 30 marzo 1965. Diplomato al liceo scientifico, inizia a scrivere per il settimanale Rombo di Marcello Sabbatini (uno dei fondatori della stampa motoristica italiana) e dal 1994 è una delle penne di Autosprint.
Oltre agli articoli, la sua carriera ultratrentennale vanta diversi libri, la maggior parte dei quali a tema corse, ma anche sulla città di Gualdo Tadino. Tra i ritratti dei piloti ricordiamo Mario Andretti, Ayrton Senna, Tazio Nuvolari e Gilles Villeneuve. Ma andiamo, adesso, a ripercorrere la nostra chiacchierata.
Alle origini delle passioni di Mario Donnini: motori e scrittura
Ciao, Mario. Innanzitutto, com’è nata la tua passione per i motori?
“Vedevo che mio padre si esaltava tantissimo quando guardava i Gran Premi in bianco e nero. Pensai che se una persona abbastanza fredda come lui si esaltava così tanto, valeva la pena smettere di guardare lui e concentrarsi su cosa accadeva in televisione. All’inizio mi sembrava uno spettacolo quasi mediocre, poi comprai un Autosprint del 1976 con tutta la storia della Formula 1, lo cominciai a studiare e mi entusiasmai”.
E la tua passione per la scrittura e il giornalismo?
“Ho da sempre avuto il dono di scrivere in maniera priva di difficoltà. Andavo al liceo scientifico per pigrizia, siccome era davanti a casa mentre il classico era più lontano, però ho capito che la mia strada era quella della scrittura e del giornalismo. Mi ricordo che durante i primi due anni di università mi mancava il compito di italiano, mi mancava scrivere, quindi cominciai a scrivere articoli”.
“Sono stato fortunato perché ho partecipato a un concorso di Rombo per aspiranti giornalisti e sono arrivato terzo su diverse migliaia di partecipanti. Poi al primo articolo che ho mandato a Cavicchi [direttore di Autosprint dal 1984 al 1999, ndr] sono stato preso ed eccomi qui: trent’anni ad Autosprint e trenta libri scritti”.
Una rubrica o un articolo di Autosprint che ti sta particolarmente a cuore, scritto da te o da altri?
“Adoro tutto quello che ha scritto Cesare De Agostini, articoli ma soprattutto libri. Un grande maestro e soprattutto una grande fonte di ispirazione. Per quanto riguarda cose scritte da me, non mi vergogno di “Ritorno ad Adenau”, una fiction pubblicata su Autosprint nel 2001″.
Il caso Massa: chi meritava il mondiale 2008?
Tra gli articoli più recenti, poi, risalta l’intervista a Felipe Massa. Qual è il tuo parere sul mondiale 2008?
“È successa una delle cose più gravi nella storia della Formula 1 e dello sport in generale, perché c’è stata una frode sportiva conclamata. Cosa ancora più grave è stata che questo non ha avuto nessun tipo di conseguenza sulla classifica. Hanno fatto provvedimenti ad personam su coloro che l’avevano promossa ma senza nessun riflesso su una classifica di quello che era probabilmente il mondiale più tirato della storia. Non è giusto che una gara marcia venga ritenuta validissima”.
“Per quindici anni si va avanti spiegando che, essendosi resi conto del fatto l’anno dopo, ormai era tardi. Quando, però, lo scorso marzo Bernie Ecclestone ammette spontaneamente che si sapeva tutto in anticipo e non si annullò la gara solo per evitare una caduta di immagine, c’è una confessione che da un punto di vista morale dà la certezza che non fu applicata la legge”.
Oltre al danno la beffa per Massa…
“Certo. Felipe, quindi, ha cominciato ad arrabbiarsi e a montare un puzzle di avvocati che decidono di mordere il boccone. Attenzione: Massa non vuole il riconoscimento economico ma quello sportivo. Io sono un suo amico ultraventennale: feci un servizio passando una giornata assieme a lui quando correva in Formula 3000 italiana con la Draco di Adriano Morini. Evidentemente si fida di me e l’intervista, molto delicata, è stata rilasciata proprio in base a questo nostro reciproco affidamento”.
“Credo, poi, che ci sia una via d’uscita a tutto questo: emendare l’errore fatto e riconoscere che quel mondiale non ha un campione, ma due. Perché va tutelata anche la posizione di Hamilton, che corse l’ultima gara facendo affidamento sul fatto che la gara di Singapore non era stata annullata”.
“L’unica via d’uscita per restituire all’uno senza togliere all’altro è attribuire un mondiale ex aequo. Perché Massa ha perso il mondiale ingiustamente, ma attribuendo il titolo solo a lui si priverebbe Hamilton di un mondiale vinto legittimamente. Ricordo che nel 1996 l’IRL (Indy Racing League, l’attuale Indycar) si ritrovò con Buzz Calkins e Scott Sharp a pari punti, pari piazzamenti e pari risultati e assegnò il titolo ex aequo. In una lega professionistica internazionale, quindi, c’è già un precedente”.
Tornando ai giorni nostri: un parere sulla squalifica di Hamilton e Leclerc in Texas? Il regolamento è stato applicato correttamente, ma avendo controllato quattro macchine e avendone trovate due irregolari, la FIA non avrebbe dovuto estendere il controllo ad altre vetture?
“Il controllo a campione è pacificamente accettato da tutti e a controllare venti macchine ogni volta si annuncerebbe la classifica finale il giorno dopo, mentre lo spettatore ha il diritto di sapere chi ha vinto alla fine della gara. Credo che questa sia una delle poche cose giuste fatte dalla FIA negli ultimi tempi. La regola c’è dalla metà del 1994 e non è stata mai contestata da nessuno”.
“Purtroppo è toccata alla Ferrari e ad Hamilton, le due entità più amate della Formula 1, quindi dispiace a tutti, ma a chi tocca non s’ingrugna, come si dice in questi casi. Non hanno nessuna colpa, probabilmente avranno colpito un bump, date le asperità del circuito, e l’hanno pagata cara, ma questa è la legge”.
Ovviamente, poi, il weekend sprint e il poco tempo di prove libere a disposizione non hanno aiutato nella scelta degli assetti…
“A tal proposito: visto che c’è il parco chiuso da venerdì, perché non squalificarli anche dalla sprint? Come si ha la prova che le vetture erano legali al sabato? L’assetto è rimasto lo stesso in entrambi i giorni”.
Verstappen l’inarrestabile
Venendo al GP del Messico e ai restanti appuntamenti: qualcuno potrà fermare Verstappen?
“Il Messico è un posto che a Max piace molto. Detto questo, vedo sempre più vicine McLaren e Mercedes, ma non davanti se Max non ha problemi. In Qatar, Piastri ha vinto la sprint, che durava 19 giri. Nel Gran Premio successivo, Norris è stato in testa nei primi venti giri. Se Verstappen ha qualche inconveniente e la gara è sufficientemente corta (vedi Qatar) la perde, altrimenti recupera.
Quest’anno ne ha vinte due Perez perché Verstappen ha avuto casini, ne ha vinta una Sainz perché è andata in bambola la squadra, ne ha vinta mezza Piastri perché Verstappen non ha fatto in tempo a riprenderlo. La morale di tutto l’anno è che, al netto di problemi, Verstappen le vince tutte.
Quando qualcuno potrà battere Verstappen nel mondiale?
“Dipende solo dalla macchina. Se una squadra costruisce una vettura che va quanto la Red Bull o più della Red Bull, Verstappen torna ad essere battibilissimo, più nervoso e anche meno perfetto e meno robot. Se nessuno ci riesce, invece, staremo qui trent’anni a vedere Verstappen vincere. Ormai in Formula 1 conta la macchina e vince la macchina che va di più”.
E in una classifica all-time dove lo metti?
“È uno come Schumacher e Hamilton. Poi se ne vince 6 o ne vince 8 dipende da quando si stufa Newey. Come 26enne, è quello che ha vinto di più dei tre. A 26 anni solo Vettel aveva vinto 4 titoli. Però è già abbondantemente davanti a Schumacher, a Senna, a Prost”.
A macchine pari, oggi chi vincerebbe il titolo?
“Verstappen, secondo Hamilton, terzo Leclerc”.
Norris e Alonso, invece? Per me sarebbero i due piloti che completano la top 5.
“Norris e Alonso non vincerebbero il mondiale ma vincerebbero diverse gare, specie Alonso. Fernando lo vedo meraviglioso certi giorni, meno meraviglioso altri. Secondo me è uno che va ancora a un passo da top ma non sempre”.
“Norris è molto bravo, è un eterno piazzato, ma non ha ancora la zampata, la cattiveria e neanche la fortuna per vincere una gara. È arrivato otto volte secondo, dodici volte a podio; ha bisogno del giorno fortunato. Comincia ad avere paura di vincere e soffrirà tantissimo per vincere una gara, a meno che la McLaren continui a crescere e quindi diventi naturale”.
“Dimenticandoci dell’aritmetica, ricordiamoci che tra 0 e 1 c’è una distanza infinitamente superiore a quella che c’è tra 1 e 2. Se riesci a vincere un Gran Premio ne puoi vincere 100, ma la cosa difficile è vincere il primo”.
“Mi ricordo che parlai con Chris Amon, che è considerato uno dei piloti più bravi e sfortunati di tutta la storia (96 Gran Premi, 0 vittorie, in testa 12 volte) e il più grande collaudatore di tutti i tempi secondo Forghieri. Mi diceva: ‘Erano 6 anni che cercavo di vincere una gara, andavo in testa e poi rompevo; non ho mai fatto un errore. Gli ultimi due anni, quando ero in testa mi dicevo di non preoccuparmi, che tanto si sarebbe rotto qualcosa. Ero diventato il peggior scommettitore morale contro me stesso’. Lando deve stare attento a non cadere in un meccanismo assimilabile a questo”.
I preferiti di Mario Donnini: piloti e circuiti tra passato e presente
Rimanendo in ambito classifiche: chi è il tuo pilota preferito di tutti i tempi?
“Nell’automobilismo eroico, sicuramente Nuvolari. Nell’automobilismo post eroico, ma ancora abbastanza eroico, dico Mario Andretti. Mi piace di più la sua storia, una storia da film, al di là del bel rapporto personale”.
E sulla griglia attuale? O comunque nell’era ibrida?
“Nel turboibrido direi Verstappen. Mi ritengo un Verstappeniano, credo sia lui il più bravo. Poi se mi dici il più simpatico, il discorso cambia. Ho amato da morire Jenson Button, mi piace molto Alonso e anche Norris”.
Button molto sottovalutato. Ricordiamo che è l’unico che ha battuto Hamilton da compagno di squadra senza problemi di affidabilità come nel 2016 o esperimenti sulla macchina come nel 2022.
“Certo. Ha preso e l’ha battuto. Anche se nessuno se n’è accorto perché non era una lotta per il mondiale ma un semplice confronto interno. E comunque in tutti i Gran Premi in cui c’era da ragionare, c’erano condizioni miste o comunque un asfalto a bassa adesione, Button era sempre primo”.
Molti se lo ricordano per l’anno in Brawn, ma ha avuto anni ottimi anche e soprattutto altrove, vedi McLaren e Honda.
“Gli anni migliori li ha avuti in McLaren. Poi con la Honda non a caso ha vinto in Ungheria nel 2006 quando pioveva, così come nel 2011 con la McLaren sempre in Ungheria. Ha fatto tanto, è stato riconosciuto poco, ma a me piaceva perché era una bella persona, un ragazzo intelligente”.
“Quando nel 2008 la Honda andava piano ed era sempre in ultima fila, guidava bene senza fare polemiche. Un signore. Poi qualche mese dopo ha vinto il mondiale”.
Si può dire che sia stato ripagato.
“Direi. L’anno della Brawn GP è la storia più cinematograficamente raccontabile di tutta la Formula 1. Non a caso ci stanno facendo una serie“.
Hai un’era della Formula 1 preferita?
“Ti dico due date e ti dico lo stesso circuito. 1935, era Grand Prix, l’era d’oro. Al Nurburgring Nuvolari batte Auto Union e Mercedes. E 1976, il rogo di Lauda e Merzario che lo salva. Metto insieme il vecchio Nurburgring all’insegna di ere diverse”.
A proposito di Nurburgring. C’è un circuito che vorresti tornasse in Formula 1?
“Ovviamente mi piacerebbe da morire il vecchio Nurburgring. Però mi rendo conto che con i tram che corrono adesso è impossibile. Mi piacerebbe che si studiassero delle macchine che ci possano correre. Mi piacerebbe un circuito come Brands Hatch, mi piacerebbe Watkins Glen, Mosport, Mugello”.
Il Mugello è stato molto bello. L’unico anno in cui hanno corso lì.
“Il COVID è stata la salvezza della Formula 1. Ha riportato Imola, si è corso al Mugello, si è scoperto Portimao, che secondo me è un circuito bellissimo”.
E ha tolto il Vietnam, che non abbiamo mai visto in azione ma dubito sarebbe stata una pista interessante. A tal proposito, quali circuiti toglieresti dal calendario attuale?
“Tutti quelli arabi. Gli arabi hanno fatto un circuito più brutto dell’altro. Evidentemente malconsigliati, perché la maggior parte di essi sorgono in aree semidesertiche, non in mezzo le città a parte Jeddah. Avrebbero anche potuto fare il vecchio Nurburgring ma nel deserto, evitando così il problema dei guardrail e degli alberi e avendo un circuito come Dio comanda. E invece no. Il problema non sono i governi a capo degli Stati, quelli sono discorsi più complicati. Il problema è che fanno circuiti mediamente orrendi”.
Il punto sulla stagione della Ferrari
Cambiando un po’ discorso, cosa ne pensi della stagione della Ferrari? Può arrivare seconda entro fine anno o resterà dietro la Mercedes?
“Può arrivarci ma presumibilmente resterà dietro. La cosa bella è che la vedo meglio dell’anno scorso. Vasseur ha il grandissimo merito di aver rasserenato l’ambiente rispetto a Binotto. Ha ristabilito una vivibilità politica tra i piloti, senza umiliare nessuno dei due. Però lui non fa macchine, crea opportunità. La macchina la fanno gli ingegneri. Quindi se non arriva una Ferrari a livello della Red Bull non vinceranno mai”.
“La macchina attuale è quella dell’ultimo Binotto ed è una macchina sbagliata, anche se a forza di correggerla durante l’anno è migliorata. Ma è rimasta una macchina che non è gentile con le gomme, e nella Formula 1 moderna se mangi troppo le gomme non vai da nessuna parte”.
Un’ultima domanda prima di salutarci: degli altri motorsport oltre alla Formula 1, quali segui e quale ti appassiona di più?
“Tendenzialmente seguo tutto, non ne evito nessuno in particolare. Mi piace molto l’Indycar, confermo il mio interesse al WEC categoria hypercar. Nello stesso tempo ti dico che l’anno prossimo guarderò con molto interesse anche la Formula 2, perché Antonelli contro Bearman e Martins sarà un’annata meravigliosa”.