C’è chi non ci avrebbe scommesso un centesimo. Eppure, Aston Martin in Brasile ha stupito il paddock, compreso il team stesso, facendo riflettere tutti su un possibile ritorno. La stagione della verdona aveva preso una piega tendente al grigio visti gli insuccessi sempre più frequenti. La squadra di Silverstone ha chiaramente sbagliato dove altri hanno fatto bene, ma il podio di Alonso ad Interlagos potrebbe non essere un fuoco di paglia, vediamo perché…
Quando i sorrisi parlano più del risultato
Il weekend scorso ha funzionato praticamente tutto per Aston. La squadra inglese non vedeva un podio domenicale dalla gara in Olanda, e la terza posizione di Alonso ha fornito nuovo carburante per la squadra a due gare dalla fine. I tecnici hanno fatto tutto bene, e i piloti non sono stati da meno. Il venerdì, la strategia messa in atto dal team che prevedeva di far uscire le due AMR23 per prime, ha garantito ai piloti la seconda fila. Allo scadere del tempo, Stroll ha infatti conquistato la terza piazza davanti ad Alonso, quarto.
Al via del gran premio, una piccola sbavatura. Le due monoposto sono state risucchiate dal duo britannico Hamilton-Norris. Così, il cavaliere asturiano ha dovuto ricostruire la sua corsa dopo la ripartenza post-safety car. Le difese del 14 ai danni dello scudiero Red Bull sono già entrate di diritto nel manuale delle gesta dello spagnolo che ogni matricola della massima serie dovrebbe leggersi prima di spegnere l’abat-jours. L’ottimo lavoro del duo in verde British è valso un terzo e quarto posto, ma soprattutto, i sorrisi dell’equipe inglese.
Il dietrofront del successo
Fino al Canada la stagione dell’Aston Martin andava a gonfie vele. L’investimento di Lawrence Stroll nelle strutture e nei tecnici aveva dato i suoi frutti, tanto da stupire il paddock con una macchina degna del ruolo di “prima degli altri”. Dopo il weekend di Montreal, però, qualcosa deve essersi rotto, complice un pacchetto di sviluppi che andava a modificare pance e fondo. Molte squadre che fino a quel momento leggevano “Aramco” sull’ala posteriore dell’AMR23 hanno cambiato marcia nella guerra degli sviluppi, e qualcuna ha iniziato col tempo a vedere le monoposto di Silverstone dagli specchietti.
“Azzeccare” la macchina era tanto, e non è definibile come “dramma” un percorso di sviluppi sotto le aspettative, specialmente quando i rivali hanno decenni di esperienza in più alle spalle. La squadra ha provato a riassestare il tiro in quel di Austin con un pacchetto di update inedito. Il risultato non è stato quello sperato, visto quanto ottenuto in Texas e a Città del Messico. Così, la brigata tecnica di Mr. Stroll ha optato per tornare sui propri passi, arrivando a Interlagos con il pacchetto pre-USA. L’eventuale ritorno di Aston Martin potrebbe non avvenire dall’oggi al domani, ma gli sprazzi di performance suggeriscono che la minaccia non è morta.
La luce in fondo al tunnel è di colore verde
Il risultato di San Paolo, non si può nascondere, porta con sé un coefficiente di “fortuna” che riguarda il fattore pista. Il layout delle colline pauliste è stato un toccasana per l’AMR23, ma imputare l’exploit solo a questo sembrerebbe irrealistico. L’umiltà del reparto tecnico nel fare mea culpa e riproporre la vecchia versione potrebbe essere la mossa giusta per ripartire, ma non è tutto.
Ciò che potrebbe rivelarsi vincente è proprio il periodo fatto di ombre attraversato dal team. Tra gli update portati non si può escludere che si fosse in ballo qualche esperimento in vista dell’anno prossimo. In tal caso, la lungimiranza della squadra potrebbe pagare non poco nel caso in cui si dovesse procedere sul giusto percorso.
Non bisogna poi dimenticare che il grosso del lavoro per ciò che concerne la Ricerca e Sviluppo avviene in fabbrica. La nuova sede di Silverstone non gode ad oggi di stabilità piena. Nel momento in cui le strutture verranno completate – compresa la galleria del vento in fase di ultimazione – , e i numerosi acquisti tecnici innestati a dovere, Aston potrebbe avere in mano l’asso per risalire la china nei confronti di chi ad oggi si trova a battagliare per il podio. Quello del Brasile potrebbe essere, dunque, un concreto campanello d’allarme per gli avversari, che dovranno ben guardarsi da un team che sembra avere non poche carte in regola per desiderare ciò che conta. Il più che possibile ritorno Aston Martin è degno di un fattore che non tutti hanno, e questo asset ha un nome e un cognome.
Qualcuno sta tor-Nando
La vita, così si dice, si misura in attimi, e Alonso non può che essere d’accordo, specialmente quando un attimo misura 53 millesimi. Un lasso di tempo che costa fatica, tachicardia, lacrime, sudore. La fin troppo facile arte dell’arrendevolezza non è mai stata nelle corde dello spagnolo, ed egli non fa che ricordarcelo di stagione in stagione, o meglio, di cordolo in cordolo. Ormai non stupisce più. Ogni articolo, commento o elogio è volto solo a celebrare l’eternità di questo veterano – qualcuno, visto lo sport, lo definirebbe “pensionato” -, più che a denunciare stupore vista l’annata. A chi lo vedeva già sul divano lontano dal paddock, Nando ha risposto come ha sempre fatto: schiacciando il pedale un po’ più in basso degli altri.
Spesso scherza sui centesimi persi vista l’età, per poi sbeffeggiare in ogni azione che compie in pista la parte di lui che va davanti i microfoni. Calcola tutto, vede tutto, e sfrutta a suo favore una lungimiranza che altri non hanno – in Qatar passava sopra la sua piazzola per pulirla prima della partenza, per fare un esempio -. Come sempre, però, il mezzo non rende giustizia al suo sfavillante talento. Se la squadra saprà dargli un cavallo all’altezza, non c’è il minimo dubbio che Nando saprà andare, come sempre, oltre le simulazioni per portare a casa quello per cui si scende davvero in pista.