Un sogno che parte da lontano, dalla penna di un bimbo che a 5 anni inconsciamente stava già disegnando il proprio futuro di un colore ben preciso: il verde. Non a caso è il colore della speranza. Di strada, sia virtuale che reale Amos Laurito ne ha fatta parecchia e il suo percorso è stato segnato da sfide e cambiamenti significativi che lo hanno portato a dar vita ad un proprio team Esports, che porta il nome e il colore che quel bambino di 5-6 anni aveva scelto, senza pensarci troppo. Tatum Racing Team è un progetto ambizioso dedicato a guidare giovani talenti nel mondo Esports. Un progetto che mira a formare non solo piloti competitivi ma anche individui consapevoli. In questa intervista esclusiva, Amos Laurito ha condiviso con noi i dettagli del suo nuovo progetto, rivelando le aspettative e le sfide, in questo nuovo capitolo della sua vita.
Il percorso di Amos Laurito, tra sogni e sfide
Amos, innanzitutto, questo progetto è partito da te, dalle tue esperienze, dal tuo percorso nel SimRacing e dai tuoi sogni. Che percorso è stato?
“È stato un percorso lunghissimo, in verità. Basti considerare che la mia prima gara online è stata nel 2010. Settembre del 2010, sono 13 anni, quasi 14 anni di virtuale alle spalle a livello professionale. Ma ancor prima guidavo su videogiochi con il joystick, con il volante e le attrezzature che c’erano a quei tempi. Un percorso lunghissimo che mi ha anche fatto conoscere un sacco di persone e fare un sacco di esperienze”.
Cambieresti qualcosa di questo percorso?
“Cambierei la mentalità. Nel 2018 ho passato un brutto momento: il mio canale Youtube e la mail sono stati hackerati, e in soli 5 minuti ho perso 5 anni di lavoro. Questo evento ha cambiato la mia mentalità, rendendomi meno sensibile su molti aspetti. Ma ho capito, andando avanti che nel mondo virtuale, se non si è determinati come magari un Max Verstappen nel reale, è difficile eccellere. Quando sono passato alla Ferrari, ho sentito la pressione ma non ero al livello dei migliori, a livello di preparazione più che mentale avendo avuto meno allenamento rispetto a loro. Forse avrei dovuto perseverare di più dopo il duro colpo subito con la Toro Rosso l’anno prima. Il fatto di non essere stato preso nel team nonostante fossi molto vicino all’annuncio mi ha portato ad abbandonare le corse per 8-9 mesi.
Questo ha influenzato il mio percorso in Ferrari nel 2019. Per una serie di motivi mi sono ritrovato a dover coprire il ruolo di secondo pilota, anziché quello di terzo che mi era stato destinato. Ho dovuto affrontare molte più gare di quanto previsto e i risultati non sono stati molto soddisfacenti. Alla fine dell’anno, ho deciso di abbandonare quel ruolo, ma la Ferrari mi ha comunque coinvolto in ruoli come quello di analista, mental coach e guida per le categorie GT, dove abbiamo vinto diversi campionati internazionali. Nel complesso è andata bene ma avrei voluto credere di più in me stesso in quel periodo e non sottovalutare le possibilità che si sarebbero presentate altre realtà, come Ferrari, dopo la chiamata della Toro Rosso”.
La voglia di cambiare le cose con un proprio team esport: la storia di Amos Laurito
Parlando di percorso, lo hai recentemente aggiornato con un nuovo esaltante progetto ovvero il Tatum Racing Team. Ecco spiegaci cos’è, come e perché hai scelto di creare un team Esports e cosa c’è del tuo percorso in questo nuovo progetto.
“Partiamo dal nome, che ha anch’esso una storia lunghissima. Quando avevo 5-6 anni disegnavo macchinine che avevano tutte una caratteristica in comune ovvero il colore verde e un nome: Tatum. Non so da dove sia nato questo nome ma mi piaceva. Poi con il tempo si è aggiunto il viola. C’è tanto di mio in Tatum, c’è tutto di mio in realtà. Ho creato da solo questa realtà. Ho fatto affidamento su amici e su un investimento economico che servirà per mandare avanti il progetto. L’obiettivo non è quello di trarre un profitto da questo progetto, quanto piuttosto la voglia di arrivare a più giovani, a più persone possibile.
Amos Laurito è differente da Tatum che andrà avanti in base a quello che faranno i piloti e al percorso del team. Ho deciso comunque di utilizzare il mio volto, il mio nome per pubblicizzare il team e per farlo conoscere a più persone possibili. E sarà l’unica forma di pubblicità che farò, tralasciando magari l’arrivo di sponsor più avanti e che saranno comunque legati al mondo esport e del motorsport.
L’obiettivo più grande che ho è quello di allenare dei giovani talenti, dei ragazzi e delle ragazze per portarli dove meritano, a firmare con team ufficiali di F1 o anche un team di qualche altra categoria facendo da tramite e non vincolando i ragazzi che vogliono fare carriera. Una cosa su cui ho veramente puntato con Tatum e che non ho visto molto in giro è il fatto di dare spazio al Mental Coaching, alla parte psicologica e mentale, del pilota. Fisicamente, negli Esports non serve un gran fisico, però serve la testa perché per migliorare ci vuole del tempo ma ci vuole veramente poco per essere distrutti mentalmente.
Lavorando su quello potremmo aiutare i ragazzi a stare meglio con sé stessi, a capire che un gioco deve essere divertimento prima e poi nasce la competizione, la voglia di fare, se si ha la passione. Con un percorso specifico dietro che va a formare dei ragazzi a livello mentale”.
Le categorie del Team Tatum
Tatum Racing Team come hai detto nasce da un desiderio ovvero quello di dare a tanti giovani la possibilità di mettersi alla prova creando una sorta di Academy a 360 gradi sul SimRacing, che non riguarda solo la F1. Quali categorie tratterete nel team?
“Nasce tutto dal fatto che la mia esperienza mi ha portato a conoscere tanti ragazzi, tante persone dietro le quinte oltre i piloti. Quindi ho deciso di aprire subito tre sezioni, o meglio quattro. La quarta l’ho fatta perché è una passione che ho trovato adesso. Ci sarà naturalmente F1, una sezione dedicata ad Assetto Corsa Competizione quindi campionato ufficiale GT SRO; iRacing, che è un mondo un po’ più aperto dove ci sono i vari prototipi. Non che un giorno, se tutto dovesse andare bene, mi piacerebbe avere una categoria dedicata al WEC. L’ultima categoria è WRC che è un po’ più da solisti. Ma ho trovato due ragazzi che sono veramente in gamba, un pilota anche reale che ha deciso di credere del progetto e che non vedo l’ora di annunciare”.
Come mai hai scelto di puntare subito all’espansione integrando più di una categoria?
“Ho deciso di partire con quattro categorie perché ho tanta esperienza un po’ su tutti i simulatori e videogiochi. Anche sul WRC , in cui ho meno esperienza, mi appoggio a dei cari amici super appassionati. Nonostante siano diverse sezioni ci saranno diverse persone dietro, un po’ più esperte che lavoreranno con i più giovani portando la loro esperienza, partendo dal basso. Non mi aspetto di arrivare e vincere subito, ma vorrei che crescessero da zero, in tutte e quattro le categorie, non facendo distinzioni né tra le categorie né tra i piloti. Non ci saranno piloti ‘di serie A’ o ‘di serie B’. Ci saranno tutti piloti dello stesso livello e tra di loro ci sarà anche quella che sarà una naturale selezione e competizione, come è giusto che sia”.
L’organizzazione e la scelta dei candidati
Un progetto così ambizioso richiede inevitabilmente tante risorse. Come sarà organizzato Tatum e quali sono le figure che stai cercando per questo progetto?
“Per quanto riguarda i piloti mi serviranno dei talent scout per andare a vedere qualche giovane talento anche non italiano, per portare il team ad essere internazionale. Ci servono ingegneri di pista che penso possano aiutare i piloti in pista nei vari aspetti come il set up da impostare, alle strategie da adottare. Soprattutto Formula 1 è più dinamico rispetto ad altri videogiochi come iRacing dove ci sono gare molto più lunghe e si tratta più di gestione. Serviranno anche ingegneri veri e propri. Sono in contatto con delle persone che hanno creato un portale dove si possono avere, creare e fare le telemetrie che possono essere applicate ai simulatori e quindi aiutare i piloti a capire dove possono migliorare.
All’interno del team punteremo ad avere anche una partecipazione femminile, proprio perché sono diverse le ragazze interessate a competere, anche se sono difficili da trovare. Spero però di vedere un interesse soprattutto perché non serve e non servirà una distinzione nel virtuale dato si tratta principalmente di testa”.
Oltre alle competenze quali sono le caratteristiche che secondo te dovrebbe avere chi vuole magari entrarne a far parte?
“Partendo da zero, mi aspetto che si parti con la passione con la voglia di mettersi in gioco. Ogni cosa va fatta con calma, e la cosa principale è che si creda nel progetto perché poi tutti i risultati che ne verranno saranno utili per tutto il team, non solo per i piloti”.
Hai detto più volte che per te Tatum deve essere come una famiglia. Come mai per te è così importante ottenere questa complicità e che differenza fa, anche in base alla tua esperienza, in un team esport?
“In Ferrari ho notato che avevo una parte fondamentale riguardo al capire i ragazzi quando guidavano e quando uscivano dalla postazione. Stavo in casa, con due italiani, un polacco un inglese, con diverse culture e diversi modi di pensare. E io ero quella persona che cercava di fare da collante, portare i ragazzi a fare qualsiasi cosa anche dietro le quinte. Questa mia caratteristica mi hanno fatto capire che è molto servita ad alcuni ragazzi per crescere a livello mentale. Ho capito che posso regalare qualcosa alle persone e tutto ciò che serve è semplicemente essere empatici, a capire i problemi delle persone e cercare di rimediare. Sono il fondatore del team ma non voglio essere visto come ‘il capo’.
Non voglio distinzione tra esseri umani. Devono capire che l’ambiente che si crea deve essere un ambiente fatto di persone appassionate che hanno lo scopo di diventare piloti Esports incredibili, dove possono guadagnare facendo quello che gli piace e dove possono trovarsi a casa una volta che si trovano a parlare rispettandosi, volendosi bene e instaurando anche legami di amicizia”.
Ecco, proprio riguardo a questo, Amos Laurito che proprietario sarà? Come ti ci vedi a dirigere tutta la baracca?
“Sono molto emotivo ma riuscirò ad essere anche, non dico autorevole, ma determinato. Non è che non cambi idea, ma si dovranno impegnare per farmi cambiare idea. Non mi aspetterò mai la luna, non voglio generare alcun tipo di pressione però mi piacerebbe vedere impegno. Con il passare del tempo la cosa che più mi fa paura è quando arriverà il momento magari di non confermare qualcuno. Quello sarà un momento in cui dovrò farmi coraggio e affrontare il problema, facendo capire che c’è qualcosa che non va. Però secondo me, sarò un capo molto buono, anche fin troppo forse. Vorrei inoltre che i ragazzi e le ragazze che entreranno in squadra non si dimentichino che esiste un mondo, oltre il virtuale.
Molti giovani, giovanissimi sono dei fenomeni incredibili nel mondo Esports e la mia paura è che si dimentichino di cosa c’è fuori. Mi piacerebbe quindi fargli capire che l’allenamento dopo le 2-3 ore massimo inizia ad essere deleterio e che è in quel lasso di tempo che bisogna concentrarsi sul virtuale. Dedicando poi il giusto tempo alle uscite, allo studio”.
Un’ultima domanda che sorge spontanea…non appenderai il volante al chiodo giusto?
“No. Allora dipende da quanti impegni avrò in futuro però no, no avrò sempre tempo per stare al simulatore. Il lato manageriale è un conto e il lato pilota è un altro. Quello spirito di competizione che pensavo di aver abbandonato quando ero in Ferrari è tornato, o meglio non mi ha mai lasciato. La competizione resterà sempre parte di me, sia da manager che da pilota”.