la costante lotta che da ormai vari mesi va avanti tra Formula 1 e FIA ha trovato l’ennesimo fronte in cui avere luogo. Mancano ancora tre lunghissime stagioni prima del cambio regolamentare del 2026, eppure, le tensioni sono già più che accese. L’annunciato connubio tra Mario Andretti e Cadillac, negli ultimi giorni, ha fatto storcere non pochi nasi dentro e fuori dal paddock. Ma se si dovesse arrivare ad undici team, chi ne beneficerebbe maggiormente?
Tra motoristi e nuove squadre: il futuro pedigree della Formula 1
La massima serie a ruote scoperte si prepara all’usuale mutazione quando un cambio regolamentare si avvicina. Audi entrerà minacciosa nel circus, Ferrari è in combutta con Red Bull per i vantaggi che il toro alato potrebbe avere dal know-how nipponico tramandatogli da Honda, e da ultimo, l’annuncio più rumoroso: il possibile ingresso di una nuova squadra. L’ultima volta che si posavano ventidue monoposto sulla grigia risale alla stagione 2016, ed ora, la possibilità di tornare alla stessa cifra, non pare così remota. Il ritorno di “Piedone” Mario Andretti, non come pilota, bensì come numero uno di un team, piace al presidente della FIA Mohammed Ben Sulayem, ma squadre e Formula 1 non sembrano essere della stessa idea. Entriamo nei dettagli…
FIA contro Formula 1 e squadre
Dopo che Sulayem ha aperto alla possibilità di avere altri team, Mario Andretti non si è fatto desiderare. L’italo-americano stava provando ad ottenere consensi da diversi mesi, e l’ok della federazione è un passo importante per ciò che verrà. L’entrata in solitaria di Andretti pareva sconveniente e improbabile; all’ex pilota serviva un nome importante al suo fianco, e non ha fallito nel trovarlo. Cadillac è in fase ‘rebranding’, con l’intenzione di passare dalla classica auto americana ad essere sinonimo di velocità. L’annunciato ingresso nelle competizioni hypercar testimonia quanto detto, e la Formula 1 è decisamente terreno fertile per il management del marchio a stelle e strisce. Tuttavia, l’ingresso di un undicesimo team significa una spartizione dei premi annuali tra più team, cosa che ovviamente non piace alle squadre.
I team dicono “no”, Domenicali prende tempo
A seguito dell’annuncio della collaborazione americana, le squadre hanno, come detto, storto il naso. L’ingresso di un team con grandi possibilità economiche non significa solo avere meno introiti, ma anche un avversario in più. Andretti ha trovato solo l’appoggio di McLaren e Alpine, e se si considera che l’avallo per l’ingresso dipende dal consenso di tutte le squadre e della Formula 1, “piedone” ha un da farsi diplomatico non da poco. Il CEO di F1 Stefano Domenicali, ad oggi, tutela l’interesse dei team proclamando la ‘calma’. L’impressione è che si voglia evitare un fenomeno che non si vedeva ormai da anni: l’ingresso di un team che finisce per stare pochi anni, per poi uscire. Domenicali sottolinea come il problema non sia la quantità, ma il capire se il valore della Formula 1 possa trarne beneficio.
Undici team: ne vale la pena?
Per farla breve, la domanda che tutti si pongono è: vale la pena scalfire dieci squadre a beneficio di una? E se ne vale la pena, ciò che porta di buono quella squadra, può davvero far bene alla massima serie? Insomma, più quantità non significa più qualità o più spettacolo. Andretti, però, potrebbe avere un asso nella manica finora passato sottotraccia: il potenziale pubblico. Come noto, questa F1 sempre più show business è molto interessata al mercato americano, tant’è che in pochi anni si è assicurata ben tre gp sul suolo statunitense. Se Andretti dovesse entrare, il numero di appassionati del nuovo continente potrebbe moltiplicarsi, in quanto vedrebbe un’altra squadra di casa competere e chissà, se Andretti lo riterrà opportuno, un altro pilota connazionale da tifare. Ci aspettano settimane molto accese. Se Andretti riuscirà ad irrompere in un circus così serrato e ostile verso l’ultimo arrivato, le squadre avranno un altro avversario da temere.