Il destino di Jules Bianchi, scomparso il 17 luglio 2015 dopo nove mesi di agonia dal terribile incidente a Suzuka è ancora una cosa difficile da mandare giù. Volato via troppo presto per digli “addio”, e troppo tardi per dirgli “resta”. Perché la sua sorte, col senno di poi, si sarebbe potuta evitare. Così, alla fine dei conti, quando ogni anno il calendario scandisce questa triste ricorrenza ci sentiamo piccoli, impotenti. Ci sentiamo sempre più in debito verso questo ragazzo, che non ha avuto futuro ma la cui storia ha profondamente segnato il futuro di questo sport, e della sua sicurezza. Jules Bianchi se n’è andato lasciando una ferita troppo grande da rimarginare, curata da tanto, ma tanto amore per chi lo ama e lo ha amato, come lui ha fatto fino alla fine.
Negli occhi di Charles Leclerc
Philippe Bianchi, padre di Jules, coccola Charles Leclerc, condivide ogni suo successo, accostandolo al ricordo di Jules. Lo fa con tutti gli altri membri della famiglia Leclerc, con la dolcezza infinita di un padre che ha un grande rammarico, quello di non aver potuto sostenere suo figlio. In quelle due famiglie tanto unite dalla felicità quanto dal dolore rimane tanta amarezza ma anche un sentimento profondo. Il destino di Charles è stato profondamente segnato da questa conoscenza, iniziata su una pista di Kart a Brignoles – quando Charles era alto poco più di un fianco di Jules – e arrivata fino ai cancelli di Maranello, la vera misura per entrambi.
“Una volta, durante un’intervista, ho chiamato Charles per errore “Jules”. Diventai rosso fuoco e mi scusai profondamente. Lui disse: “Perché ti scusi? È il miglior complimento che potessi ricevere“. Charles e Jules, come ricorda dolcemente la giornalista Natalie Pinkham in questo aneddoto condiviso oggi su Twitter, erano una cosa sola. Legati dal destino e da amicizie che si sarebbero tramutate in un legame profondo, al di là di tutto. Da piccolo, dietro ogni passo di Charles, c’era Jules.
L’arrivo in Ferrari
Il destino di Charles e Jules si è intrecciato fino ad assumere le forme di un’ombra sempre presente nella vita del monegasco e di chi ha dovuto sopportare un dolore ancor più grande, quello per il quale non esistono parole, ovvero la morte di un figlio, papà Philippe. Migliore amico del papà di Charles, Hervé, anche lui scomparso prima del tempo, ma per il quale Charles ha addirittura detto una bugia bella grossa.
Gli aveva detto di aver firmato per la Ferrari dal 2019, un’anticipazione azzardata sul futuro di Charles, concessa dalle amare circostanze degli ultimi giorni difficili che lo avrebbero strappato per sempre da suo papà. “Per dargli un’ultima soddisfazione, gli dissi di aver firmato, non per il 2018 ma per il 2019. Ovviamente non lo avevo fatto, ma promisi a me stesso che avrei dato tutto per raggiungere questo obiettivo. Ricordo le lacrime nei suoi occhi. Da quel giorno mi sono portato dietro un rimorso. Poi, quando ho firmato veramente, è stata la prima cosa a cui ho pensato: non ho mentito quel giorno” ricorda Charles.
L’eredità di Jules
Sin dal principio quel piccolo ometto con lo sguardo pensoso e un sorriso dolcissimo ha catalizzato l’attenzione di Jules che lo ha preso sotto la sua ala, aprendo non solo il suo cuore ma anche tutte le porte che aveva a disposizione per far arrivare quel giovane ragazzino al suo più grande sogno, che magari un giorno li avrebbe visti insieme in griglia. Charles ha fatto il percorso che avrebbe dovuto fare Jules, come ha più spesso sottolineato anche il papà di Bianchi, Philippe. Un percorso che ha fatto grazie a lui e per lui, un fratello maggiore che gli ha lasciato una grande eredità sportiva e non, con insegnamenti che non si imparano in pista.
Charles negli anni della sua crescita ha dovuto convivere con altri lutti che lo hanno profondamente segnato ma anche spronato di fronte alla remota possibilità di abbandonare tutto. “Mi sono semplicemente chiesto cosa mio padre avrebbe voluto che io facessi. Devo tutto a lui e dunque corro. L’unico aspetto di cui mi sono sentito colpevole è aver messo da parte nella mia testa la morte di mio padre e di un mio amico. Ma è stato solo per un paio d’ore. E’ molto difficile constatare che persone che amavi non ci sono più a causa dello sport che adori, ma non posso farne a meno. Sono stato programmato per correre fin da quando ero giovane, non posso fare altro, sono bravo soltanto a guidare.”
L’animo buono, educato, è rimasto ma lo sguardo è diventato sempre più malinconico, la corazza ancora più dura. Cosa che gli concede di mettere il casco e abbassare la visiera senza rivedere i fantasmi del suo passato. Un momento in cui per un attimo, si aliena dal mondo e dal dolore che lo accompagna in questa folle corsa verso l’obiettivo di cui, chissà quante volte, ha parlato con Jules. Arrivare al titolo iridato.
Fonte dichiarazioni: FormulaPassion